Sottotenente medico Nino Spagnolo, era inquadrato nel 47° Ospedale da Campo Posta Militare n. 40
Sono esattamente 90, dal 28.7.41 al 2.9.42
Dalla Romania, 28 luglio 1941
Gentilissima Signora, sono a pochi chilometri ormai dal fronte a noi assegnato. Mi permetterete e spero sempre che vorrete gradire i miei saluti e i miei ringraziamenti. La vostra gentilezza e la vostra bontà non potrò giammai dimenticare e resteranno per me cose gradite sempre e care al ricordo. La nostra vita a venire non si preannuncia né facile né comoda, ma in un certo senso siamo abituati a ogni generi di strapazzi e disagi. E per questo che confido nel mio ritorno in Patria. E mi sarà lieto allora potervi meglio dimostrare la mia viva ammirazione e la mia stima. Vogliate, vi prego, porgere i miei più distinti saluti a suo marito, ai suoi figli e a voi stessa ricevetene tanti con la mia più profonda stima. Vostro devotissimo Nino Spagnolo.
Lettera dal fronte russo 31 agosto 1941
Gentilissima Signora, vi ringrazio dei saluti e del vostro ricordo, che mi sono giunti veramente tanto graditi. Specie in questi posti, dove da parecchio si vive alla giornata. E allora quando si riceve posta, ed è ancora cosa tanto rara, si è veramente contenti. La vita che si fa non è facile né piana, ma si vive lo stesso. Cosa vuol farci? Non si pensa mai all’eventualità di finir male, anche se la professione comporta la visione di tanto dolore e di tante immature morti. Ci si abitua. Vi confesso Signora che ho già pensato a voi per il ritorno. Ho con me già confezionato in un pacchetto in fondo alla cassetta un po’ di quella roba, che mi fu tanto gradito offrirle già una volta. E chi lo sa che non aumenti. Ma ho paura di no, dato che i Russi distruggono tutto dove riescono prima di scappare. Il pacchetto l’ho confezionato colla speranza di portaglielo io. Comunque vada ho anche messo il suo indirizzo sul pacchetto. Le arriverà sempre. Credo Signora che ci sarà un po’ di tempo prima che riveda l’Italia. Noi qui poi, così isolati dal mondo civile, si sa poco della politica in genere. Meglio. Si spera ecco. Gentile Signora vogliate gradire unitamente a vostro marito i miei più distinti saluti. Vostro devotissimo Nino Spagnolo.
Lettera in busta affrancata con c. 50 (coppia da c. 25 della serie (Imperiale), manoscritta il 23 settembre 1941, inoltrata lo stesso giorno, dall’Ufficio dislocato nei pressi di Noghila Ostraia, timbro di arrivo l’1.10.41
Anny mia cara, una valanga di lettere oggi, ben 12 lettere tue, una ventina da casa e altre 12 da amici. Da tua madre niente (chissà perché!). Ho letto divorando le sole tue lettere, alle altre lascerò il crogiolo del mio tempo. Ora che posso stare in piedi discretamente, ho ripreso un po’ il mio lavoro. Sono maggiormente felice in quanto vedo che la posta si è rimessa a funzionare abbastanza bene: ho ricevuto pure la tua del 17. A questa risponderò prima delle altre. Troverai un po’ qui e un po’ lì, nelle mie lettere la risposta. Ed ora una cosa. Sin da quando ci conoscemmo ti dissi seriamente che se voglio bene è perché credo che me ne si voglia. Quindi, io credo in te, non negli altri. Io ho fiducia in te, non negli altri. Perché domandi ai tuoi fratelli del tuo comportamento? Nemmeno per idea! Se solo mi venisse in mente di fare cosa simile avrei già rovinato un po’ dell’edificio della nostra felicità. Sono o non sono geloso! Ti spiego: sono geloso perché ti voglio bene e ho timore di perderti. Non lo sono perché son sicuro di te. Questi alterni sentimenti per me creano quella quieta, quella bonaria capacità di generare la felicità avvenire. Non sei d’accordo con me , Anny? Tu sei libera di fare quello che tu vuoi, perché so che mi vorrai sempre bene, e che non mi dimenticherai. Se non t’avessi capita, sta pur certa che io farei ancora la vita di una volta. E cioè: cuore libero per tanto amore. Scusa questo mio parlare franco, ma credo che tu ti sia abituata. Sì, Anny, sarebbe successo proprio come ti scrivo sopra. E per te avrei avuto, come anche tu, sempre e solo della gran stima (invito a casa tua per Siliotti), che avrebbe aggiunta una simpatica amicizia, ma niente di più. Dalla stima, dall’amicizia all’amore è forte il passo. Per me almeno. Invece, io per te, Anny, ho sentito subito di amarti. Mi sei apparsa diversa dalle altre. Ho temuto, povera Anny, so che ti facevo male scrivendoti circa l’arrivo di quelle famigerate lettere di anonimi. Ti ripeto così come ti scrissi allora, è cosa che a me non ha dato alcun fastidio. Non ricordo più. Ebbi solo uno scatto furioso all’indirizzo di quei rettili. Per te non dubitai affatto: ne accennavo anche alla Maya per specificarle che la nostra via della felicità è di per sé stessa coperta di voci, ma anche altri all’infuori di noi cercano di cespugliarla di specie velenose e traditrici. Mi spiace parlare di questo triste episodio che è valso minimamente, lo credo momentaneamente, ad oscurare il tuo volto sorridente. Anny non te la prendere, fai bene a non curartene. Come faccio io, cerco di soffocare quel prepotente impulso che mi spingeva a te. Ricordo come ora quel piccolo paesino sperduto tra le coste rocciose del Carso dove incontrai Siliotti, lo ricordo ora ora con immaginabile allegria. E Siliotti capì. Io volevo che nessuno capisse, nessuno. Questo sentimento era mio e tu mi potevi appartenere. Partii per la guerra, verso l’ignoto, e tu mi eri sempre presente. Ovunque cercai, te lo dico sinceramente, te lo dico sinceramente, di dimenticarti. Sorsero tanti amorini di guerra, e pensavo che con essi avrei potuto soffocare il tuo ricordo. Questo solo perché tu mi apparivi intangibile. Tabù. Cosa potevo offrirti io, oltre all’amore se non una rinuncia alla tua vita, fra gente tanto diversa, credo da quella a cui tu sei abituata? Non volevo assolutamente che si ripetesse la storia di Bologna. Come sai di me stesso che sono orgoglioso, solo in quanto non diminuisco le mie capacità. Non ho invidia degli altri, bado a me stesso e tiro dritto col mio ex sorriso, col mio ex costante umorismo e allegria. Proprio e solo così ti scrivevo dalla Croazia poiché ne sentivo il desiderio e le tue lettere erano fuoco nuovo al mio iago. Non sapevo come fare. Tutto inutile le madrine, che di un bel tratto perdettero il figlioccio. Io pensavo a te, e ti vedevo tanto lontana. A Verona, al mio ritorno, quando Pino mi avvertì che eri alla stazione, fu il tracollo. E da quella sera fui un altro Nino. Non più il tipo allegro conosciuto da tutti. Mi sentivo diverso. Quasi odiavo il mio passato e tu non sapevi niente ancora del mio amore. Seppi solo che incominciavo a contare i giorni delle mia licenza per vedere mia madre ma solo per vederti. E fra noi non c’era ancora niente. Il resto lo sai. Sapevi anche quello scritto sopra, ma rinverdire il recente passato non mi dispiace. E sai perché? Perché in esso tu possa vedere una linea di condotta uniforme, rettilinea, diritta, un mio costante pensiero per te, un mio perenne amore per te. Come vuoi allora Anny scorgere dopo quella infernale lettera da me ricevuta, intravedere i segni premonitori di una mia freddezza? No, Anny, te lo giuro. Mai sognato roba simile. Per me sei sempre tu al di sopra di ogni cosa e in queste mie troverai un ritornello monotono noioso, espresso in termini sgrammaticati, ma notaci pure, convinta, la mia passione, il mio dolore di esserti lontano. Notaci anche questo te ne prego. Per le lettere e i francobolli (a proposito grazie per quelli ricevuti, ma guarda che ne ho) non ti dar pensiero. Ne ho ancora abbastanza credo fino a novembre. Poi vedremo. Ti sarò grato se vorrai darmi l’indirizzo di Edo. A Osvaldo scriverò. Grazie per il tuo interessamento per mia madre. Ciao Anny, a domani come sempre, tuo Nino.
Coraggio e lacrime dalla Russia 1941-1943 – Vitoronzo Pastore