26 luglio 2013
La fame di Francesco
La toccante testimonianza di un soldato di Casamassima che durante la guerra mondiale fu prima prigioniero dei tedeschi e poi dei russi
Continuiamo a occuparci di ‘Dietro il filo spinato’ un testo di Vitoronzo Pastore edito da Suma dove sono raccolti documenti e testimonianze dei soldati italiani prigionieri degli Alleati e internati dai tedeschi tra il 1940 e il 1945. Questa volta ci concentriamo sulla testimonianza di Francesco Mariella, un ragazzo di Casamassima, fante della Divisione Aqui sfuggito all’eccidio di Cefalonia: “Presi tutti dalla fame e dalla sete accettammo il ricatto dei tedeschi a lavorare per loro. Fummo portati a scaricare mangime per cavalli… alla fine del lavoro mi caricai sulle spalle mezzo sacco di mangime… Facemmo bollire il mangime nelle gavette… Tutti ne subirono le conseguenze con dolori addominali, blocchi intestinali ed emorragie emorroidali”. Trasferito a Minsk dopo un interminabile viaggio in treno (“cinquanta uomini per vagone, per 26 giorni sotto chiave e senza mai fatti scendere”), il soldato Mariella si ritrova a lavorare (rattoppare divise e aggiustare scarponi) con prigionieri russi : “Un giorno, durante lo scarico delle balle di indumenti, una donna russa mi infilò sotto il braccio una pagnotta di pane di quasi due kg, riuscii a portarlo al campo, lo divisi col mio gruppo…”. Arrivano i partigiani polacchi che liberano tutti, ma poi sopraggiungono i Russi che riacciuffano gli italiani e li spediscono al campo di prigionia di Tambov. Di male in peggio : “Ogni mattina si trovavano quattro o cinque persone decedute a causa della fame”. E si lavora duro : “Nel mese di febbraio-marzo 1945 con slitte portavamo la legna tagliata alla ferrovia … ci avevano dotato di un cavallo e con esso un secchio di biada al giorno. Presi un pugno di biada, la sera nella baracca riuscii ad arrostirlo e lo mangiai. Ottimo. I giorni seguenti ne prendevo sempre di più… il cavallo si era ridotto pelle e ossa”. Agli inizi di maggio, a guerra finita “ci comunicarono che gli italiani dovevano partire… ci caricarono una cinquantina su ogni vagone con al centro un buco che veniva utilizzato per i bisogni personali”. Ma invece dell’Italia, la destinazione si chiama Taskent. “A Taskent veniva coltivato molto cotone… a pranzo ci davano 600 grammi di pane a testa e se riuscivamo a lavorare di più altri 200, come primo piatto la farina sciolta nell’acqua e il secondo spezzatino di ranocchie che andavamo a cercare nei campi”. Solo a ottobre del ’45 Francesco Mariella e gli altri possono rientrare in Patria. Ancora 40 giorni di treno, poi tre giorni al Centro di Raccolta Reduci, infine l’ultimo convoglio, destinazione Casamassima. “Lacrime e lacrime di gioia per i miei nel vedermi, nel rivederli, toccarmi, nel toccarli, momenti che ancora oggi al solo pensarci.. ma lass stà”. Chissà che appetito a tavola quel giorno, povero Francesco.
Italo Interesse