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LA ROCCA CAPITOLINA – Vitoronzo Pastore

La Rocca Capitolina

Contro i Galli. Costoro, uomini di grande e terribile corporatura, dalle chiome rosseggianti legate a trecce, dai baffi spioventi che coprivano la bocca, avevano da poco tempo valicate le Alpi.

Sei anni dopo la presa di Veio, un’orda di questi barbari discende improvvisamente oltre l’Appennino distruggendo e depredando le terre degli Etruschi e giunge sino a Roma.

La città è saccheggiata e arsa, ma sul colle Capitolino, presso il templi di Giove, di Minerva e di Giunone, un manipolo d’audaci resiste per sette mesi ad ogni assalto. In ultimo, stanchi gli assalitori e stanchi gli assediati, si viene a patti: ed i Romani più prudenti persuadono i Galli ad accontentarsi di una somma di denaro e ad andarsene. Ma ecco, proprio allora, sopraggiunge Camillo. Quando i Galli erano apparsi improvvisi su Roma, Camillo era lontano, senza alcuna autorità. Subiti il popolo si era rivolto a lui per averlo come capo. Ma Camillo, obbediente alla leggi, non poteva accettare, poiché il Senato soltanto poteva eleggere i dittatori. Giunse alfine l’ordine del Senato e Camillo, raccolto un esercito di profughi, piombò sui Galli proprio nel momento in cui pesavano l’oro con false bilance. La lotta riprese: con la forza delle armi, non con l’oro, i barbari furono rigettati nelle loro terre.

Secondo fondatore di Roma. E Roma risorse più bella di prima. C’erano, sì, molti che avrebbero voluto abbandonare macerie e sassi e trasportarsi a Veio, città bella ancora. Ma Camillo si presentò al popolo a difendere Roma col suo consiglio, come l’aveva prima difesa con la spada: e tutti furono commossi dalla sua orazione. Uomini  e donne, senatori e schiavi, tutti si posero al lavoro: chi portava pietre, chi innalzava muri, chi lastricava strade: E Camillo incitava al lavoro e sorrideva felice, mentre tutti andavano ripetendo: “qui resteremo ottimamente”.

Furio Camillo

Visse oltre ottant’anni e sempre tra le armi. A quindici anni era già è in guerra. Ferito ad una coscia, anziché ritirarsi dalla mischia, si tolse da se il dardo e seguitò a combattere.

Presa di Veio. Nominato dittatore nella guerra contro Veio, decise di porre rapidamente fine all’assedio che durava ormai da dieci anni. Chiamò i soldati più forti e più coraggiosi e ordinò loro di scavare un cunicolo, che passando sotto le mura della città assediata. Permettesse di giungere sino alla rocca di Veio. Intanto, per distrarre i nemici, ordinò alle truppe di lanciarsi da ogni parte all’assalto; così mentre i Veienti accorrevano alle mura a rigettare gli assalitori, gli scavatori-soldati riuscirono a penetrare nel centro della città e ad espugnarla.

Statue, braccialetti d’oro, collane ed anelli, fibbie lavorate con arte finissima, suppellettili di ogni genere vengono prese nella ricca città etrusca e mandate a Roma; un decimo del bottino, però, viene da Camillo inviato al tempio di Apollo per mantenere la promessa fatta nelle preghiere da lui citate prima di impugnare le armi.

Apollo, Dio del Sole e delle belle Arti

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