Rassegna Stampa

IL PURGATORIO DI DANTE ILLUSTRATO – Vitoronzo Pastore

Il Purgatorio di Dante illustrato con cartoline inizio 1900

E una spada nuda avea in mano, che reflettea i raggi sì vèr noi, ch’io drizzava spesso il viso in vano. (IX)

Lo corpo mio gelato in su la foce trovò l’Archian rubesto; e quel sospinse nell’Arno, e sciolse al mio petto la croce. (V)

Ricorditi di me, che son la Pia: Siena mi fé, disfecemi Maremma: salsi colui che ‘nnanellata pria. (V)

Amor che ne la mente mi ragiona cominciò elli allor sì dolcemente, che la dolcezza ancor dentro mi suona. (II)

Tre donne in giro da la destra rota venian danzando; l’una tanto rossa ch’a pena fora dentro al foco nota. (XXIX)

Con l’ali aperte, che parean di cigno, volseci in sù colui che sì parlonne tra due pareti del duro macigno. (XIX)

Chi siete voi che contro al cieco fiume fuggita avete la pregione etterna? Diss’el, movendo quelle oneste piume. (I)

Là ci traemmo; e ivi eran persone che si stavano a l’ombra dietro al sasso come l’uom per negghienza a star si pone. (IV)

A noi venìa la creatura bella, biancovestito e ne la faccia quale par tremolando mattutina stella. (XII)

L’angel che venne in terra col decreto de la molt’anni lagrimata pace, ch’aperse il ciel del suo lungo divieto. (X)

Lombardo fui, e fu’ chiamato Marco; del mondo seppi, e quel valore amai al quale ha or ciascun disteso l’arco. (XVI)

S’io avessi, lettor, più lungo spazio da scrivere, i’ pur cantere’ in parte lo dolce ber che mai non m’avrìa sazio. (XXXIII)

Ché a tutti un fil di ferro i cigli fóra e cusce sì, come a sparvier selvaggio si fa però che queto non dimora. (XIII)

Savia non fui, avvegna che Sapìa fossi chiamata, e fui de li altrui danni più lieta assai che di ventura mia. (XIII)

 Da poppa stava il celestial nocchiero, tal che faria beato pur descripto; e più di cento spirti entro sediero. (II)

Sappia qualunque il mio nome dimanda ch’i’ mi son Lia, e vo movendo intorno le belle mani a farmi una ghirlanda. (XXVII)

Salve, Regina’ in sul verde e ‘n su’ fiori quindi seder cantando anime vidi, che per la valle non parean di fuori. (VII)

Questa favilla tutta mi raccese mia conoscenza a la cangiata labbia, e ravvisai la faccia di Forese. (XXIII)

Cartoline archivio privato dell’Autore

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