Rassegna Stampa

IL PARADISO DI DANTE ILLUSTRATO – Vitoronzo Pastore

Il Paradiso di Dante illustrato con cartoline inizio 1900

Beatrice tutta ne l’etterne rote fissa con li occhi stava; e io in lei le luci fissi, di là sù rimote. (I)

Deh, bella donna, ch’à raggi d’amore ti scaldi s’ì vo’ credere a’ sembianti che scoglion esser testimon del cuore. (XXVIII)

Con quelle altr’ombre pria sorrise un poco; da indi mi rispuose tanto lieta, ch’arder parea d’amor nel primo foco. (III)

Tu se’ colei che l’umana natura nobilitasti sì, che ‘l suo fattore non disdegnò di farsi sua fattura. (XXXIII)

 E quietata ciascuna in suo loco, la testa e ‘l collo d’un’aguglia vidi rappresentare a quel distinto foco. (XVIII)

E la regina del cielo, ond’io ardo tutto d’amor, ne farà ogne grazia, però ch’i’ sono il suo fedel Bernardo. (XXXI)

Maria mi diè, chiamata in alte grida; e ne l’antico vostro Batisteo insieme fui cristiano e Cacciaguida. (XV)

 

Assai m’amasti, e avesti ben onde; che s’io fossi giù stato, io ti mostrava di mio amor più oltre che le fronde. (VIII)

Se mala segnoria, che sempre accora li popoli suggetti, non avesse mosso Palermo a gridar: “Mora, mora. (VIII)

Nella profonda e chiara sussistenza de l’alto lume parvermi tre giri di tre colori e d’una contenenza. (XXXIII)

Or, figluol mio, non il gustar del legno fu per sé la cagion di tanto essilio, ma solamente il trapassar del segno. (XXVI)

Bellincion Berti vid’io andar cinto di cuoio e d’osso, e venir da lo specchio la donna sua sanza il viso dipinto. (XV)

La Grazia che mi dà ch’io mi confessi, comincia’ io, «da l’alto primipilo, faccia li miei concetti bene espressi. (XXIV)

Così faciean i padri di coloro che, sempre che la vostra chiesa vaca, si fanno grassi stando a consistoro. (XVI)

Qui vince la memoria mia lo ‘ngegno; ché quella croce lampeggiava Cristo, sì ch’io non so trovare essempro degno. (XIV)

 Già eran li occhi miei rifissi al volto de la mia donna, e l’animo con essi, e da ogne altro intento s’era tolto. (XXI)

Al Padre, al Figlio, a lo Spirito Santo’, cominciò, ‘gloria!’, tutto ’l paradiso, sì che m’inebriava il dolce canto. (XXVII)

Giunto mi vidi ove mirabil cosa mi torse il viso a sé; e però quella cui non potea mia cura essere ascosa. (II)

Cartoline archivio privato dell’Autore

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