Pubblicato il 18 novembre 2023
Giovanna e Celestina l’orrenda avventura di via Tasso
Edita da SUMA l’ultima fatica di Vitoronzo Pastore, lo storico di Casamassima che da oltre vent’anni si consacra alla memoria di civili e militari italiani.
L’ultimo volume di Vitoronzo Pastore, ‘Oppressione – dall’8 settembre 1943 alla Liberazione’ (SUMA Editore), riporta il caso di una novizia pugliese presso il Convento di Maria Santissima Bambina a Roma nei giorni tragici dell’occupazione nazista. Parliamo di Giovanna Colapietro, classe ‘22, nativa di Sammichele di Bari (nell’immagine di copertina). Il 28 marzo 1944, Giovanna e un’altra novizia (Celestina) e un autista (Carlo) tornavano da una fattoria alla periferia di Roma con un camion “stracarico di alimenti” necessari alla sopravvivenza dei tanti ebrei e antifascisti che avevano trovato rifugio nello Stato del Vaticano. “Eravamo appena entrati in Roma e fummo fermati da una pattuglia tedesca” (“Che ne sai figlio mio dei tedeschi! Brutta gente, sono i demoni di Lucifero, se tu sapessi!). Il camion venne perquisito. Pur avendo trovato solo alimenti, un graduato “con una faccia ripugnante” ordinò che il camion seguisse la camionetta tedesca. “Dopo una mezz’oretta ci fecero scendere”. A Carlo venne ordinato di scaricare il camion (una requisizione), mentre le due religiose venivano condotte alla presenza di un ufficiale per il riconoscimento. Ma “noi non avevamo la carta d’identità, al nostro arrivo in Convento ci era stata ritirata e sostituita con un cartoncino piegato in due con lo stemma del Vaticano sulla facciata di copertina e all’interno, sulla destra, i nostri dati e residenza”. Insospettito, l’ufficiale diede ordine che Giovanna e Celestina fossero rinchiuse. “In quella stanza puzzolente non c’era nulla, nulla di nulla se non un secchio di metallo in un angolo… Rimanemmo in quelle condizioni per tre giorni e due notti senza bere e mangiare. Il tempo non passava ed erano terribili le grida che sentivamo, grida di sofferenza, di notte, di giorno…” Il pomeriggio del terzo giorno le due novizie vennero rilasciate. All’uscita le attendeva un’auto con le insegne del Vaticano. Ma Carlo non c’era… “Chissà che fine fece Carlo, non lo vedemmo mai più.. povero Carlo”. Più avanti, a Liberazione avvenuta, le due giovani religiose maturarono un bisogno irresistibile di tornare sul luogo in cui avevano trascorso quelle interminabili ore di sofferenza e paura. Con l’aiuto dei Carabinieri lo individuarono finalmente. Uscirono dall’auto e tenendosi per mano, emozionate, si fermarono davanti a una porticina. Il brigadiere che le accompagnava, emozionato anche più, chiese di poterle abbracciare “come sorelle vere”. Giovanna e Celestina acconsentirono. Il brigadiere sapeva ciò che esse ignoravano: Quella porticina corrispondeva al civico 145 di via Tasso, oggi Mausoleo delle Fosse Ardeatine e Museo della Liberazione. Il Museo ha sede nei medesimi locali dell’edificio in via Tasso che durante l’occupazione nazifascista di Roma divenne tristemente famoso come luogo di reclusione e tortura da parte delle SS per oltre 2000 antifascisti, molti dei quali caddero fucilati a Forte Bravetta o uccisi alle Fosse Ardeatine. Quest’ultimo eccidio ebbe luogo, come è noto, il 24 marzo. Giovanna e Celestina erano state arrestate cinque giorni dopo. Fossero state arrestate cinque giorni prima, chissà, quel lungo elenco di morti si sarebbe allungato di due unità, le uniche femminili.
Italo Interesse
OPPRESSIONE – dall’8 settembre 1943 alla liberazione – Vitoronzo Pastore