La Santa Maria, la Pinta e la Nina
Da ragazzo faceva il tessitore, il mestiere del padre. A casa, una povera casa sul mare di Genova, c’erano sempre grandi mucchi di lana da cardare: e Colombo lavorava al canto continuo dell’onda marina che sferzava e rodeva gli scogli e le sponde. Ventenne, partì da Savona, dove si era trasferita la famiglia, con una spedizione che andava contro i Turchi. E viaggiò poi sino all’Inghilterra ed all’Islanda, lieto tra i pericoli, deciso nella lotta contro i corsari che una volta avevano assalito la sua nave. Un’idea, antica di migliaia di anni, ma poi abbandonata, si fissava ogni giorno più nella sua mente: “La terra è rotonda, pensava, dunque, partendo dalla spagna, andando sempre avanti nel mare non solcato mai da nave alcuna, si dovrà arrivare al paese delle spezie, alle Indie, alla Cina, al Giappone, descritti da Marco Polo nel Milione…” E a tutti esponeva il suo progetto, ardito come quello dei fratelli Vivaldi: a tutti diceva di voler scoprire una nuova via per le Indie, di voler andare tra popoli che non avevano ancora udito la parola di Gesù per convertirli alla sua fede. Ma nessuno voleva sentirlo: e lui fermo sui libri ore e giorni, settimane ed anni, per tracciare carte, per cercare nuove prove che potessero convincere i Principi e i dotti, che lo scambiavano per pazzo e lo motteggiavano, ridendo dei suoi studi e delle sue idee.
Un italiano soltanto viene in suo aiuto: Paolo Toscanelli dal Pozzo, uno scienziato fiorentino convinto anche lui della rotondità della terra. Pure, passano ancora mesi ed anni prima che la Regina Isabella di Spagna, desiderosa di trovare nuove terre per il suo regno, si decise a fornire i mezzi per l’impresa; e sono anni di miseria e di scherni, confortati soltanto dalla fiducia e dell’aiuto di pochi commercianti genovesi, che si trovavano nella Spagna con Colombo.
La terra secondo alcuni astronomi del 500 a. C.
Alfine gli furono concesse tre navi, a cui Cristoforo Colombo dette i nomi di Santa Maria, la Pinta e la Nina: navi solide, bene attrezzate, ma incredibilmente piccole; la maggiore, la Santa Maria, era lunga 26 metri e larga 8. Il denaro occorrente fu dato per metà soltanto dalla Regina Isabella di Spagna; e l’altra metà, circa 75.000 lire delle nostre, fu offerta dai genovesi amici di Colombo.
La terra secondo alcuni astronomi del 500 d. C.
Nessuno, però aveva il coraggio di imbarcarsi. Erano necessari 120 uomini ma, all’appello di Colombo, due genovesi soltanto si presentarono con pochi altri. Si dovette raccogliere la ciurma tra gente liberata dal carcere, uomini pericolosi e senza disciplina. Ma Colombo è senza paura. All’alba del 3 agosto 1492, le tre caravelle, mollati gli ombreggi, spiegano le vele al vento. Dopo due giorni i marinai, sperduti in mezzo al mare, già rimpiangono di essere partiti. Stanno per ribellarsi, ma Colombo li domina con lo sguardo, con la forza della sua volontà. Il 14° i marinai della Nina vedono una gazza e un gheppio e sperano di essere prossimi all’arrivo, perché questi uccelli non si allontanano mai più di 25 leghe da terra; ma a notte, intorno a loro, ancora non è altro che la distesa nera del mare e la cappa del cielo.
Dopo il viaggio di Colombo
Il giorno 17° si vede un granchio che non si allontana più di 80 leghe dalla riva; il 18° si scorge della nebbia, che è segnale di terra vicina; il 19° si scorgono pellicani, che non sogliono allontanarsi 20 leghe dalla riva; il 20 i marinai catturano un uccello: è un uccello di fiume e non di mare. Ma i giorni passano e la terra non si vede: venti giorni di bonaccia rendono inutili le vele; i viveri scarseggiano, l’acqua imputridisce negli otri, il fasciame delle caravelle stilla da tutte le parti. I marinai si raccolgono a gruppi qua e là, decidono di buttar a mare ,’Ammiraglio. Ma l’Ammiraglio non trema; serio , taciturno, studia nella notte la posizione delle stelle, osserva di giorno il volo degli uccelli, studia la direzione dei venti, rimane per ore e ore al timone a guidare la sua nave. A vederlo così calmo, così sicuro di sé, i ribelli consentono di proseguire qualche altro giorno… e si va avanti.
Caravella di Cristoforo Colombo
Alfine, il mozzo di guardia sulla coffa del trinchetto, alle due dopo mezzanotte, lancia un grido: “Terra!, Terra! Terra!”. Prima di lui, l’Ammiraglio, fermo al timone già sorrideva: aveva visto galleggiare giunche e frasche, aveva visto il giorno innanzi stormi di uccelli, aveva tirato su dalle onde un bastone rozzamente inciso. E nella notte anch’egli aveva scorto una luce lontana, una fiamma.
All’alba del 12 ottobre, salta per primo sulla terra ignota, in ginocchi la bacia tre volte e vi pianta uno stendardo: è la bandiera della Spagna. Toscanelli era fiorentino, Colombo era genovese, e genovesi erano in parte i denari per la grande impresa. Ma l’Italia senz’ordine non aveva aiutato il suo grande figlio: e il nuovo impero non fu italiano.
