SINDROMI PSICORGANICHE
Le psicosindromi organiche rivestono un particolare interesse per il medico non psichiatrica perché si trovano spesso associate a malattie organiche di diverso tipo e di diversa natura. Si caratterizzano per il concomitare di disturbi della sfera psichica e della sfera somatologica. L’agente nocivo organico (tossinfettiva, endocrina, dismetabolica, degenerativa, vascolare, neoplastica, ecc.) può esercitare la sua azione in maniera diretta o indiretta sul Sistema Nervoso Centrale provocando una sofferenza cerebrale diffusa o a focolaio, acuta o cronica.
Le forme diffuse si caratterizzano per uno stato neurastenico con progressivo deterioramento delle funzioni intellettive (attenzione, memoria, critica e giudizio), per disturbi della sfera affettiva (ansia, depressione, alterazione dell’umore, depressione, impulsività, irascibilità, labilità emotiva), fino alla globale disgregazione della personalità, compromissione delle simbolie con attività caotica, finalistica (Sindromi demenziali). La personalità del paziente (predisposizione, biografica e culturale), inoltre, esercita un ruolo patoplastico determinando sintomi facoltativi o accessori oppure dando sempre un particolare impronta individuale al quadro clinico.
Nelle forme a focolaio, oltre ai sintomi legati ad una sofferenza generica più o meno grave e più o meno costante, esistono sintomi riconducibili ad una lesione di un distretto cerebrale ben definito. Oltre all’obbiettivazione strumentale (EEG, TAC, R.M.) che consentono di dare una precisa localizzazione, taluni sintomi psichici consentono di fare una diagnosi dei sede della lesione. Ad esempio, depongono per lesioni del lobo parietale: i disturbi della affettività, delle funzioni intellettive, a volte con uno stato di apatia e di abulia, con mutacismo, distacco emotivo, a volte con uno stato di eccitamento ed euforia superficiale e vuota con disforia puerile e insulso, altre volte con disturbi mnestici prevalentemente di fissazione, disorientamento temporo-spaziale. Per le lesioni del lobo temporale: oltre ai segni tipicamente neurologici, possibili stati di euforia, di eccitamento, di angoscia e terrore.
DEMENZE
La demenza è un deterioramento globale delle funzioni mentali sia negli aspetti intellettuali, conoscitivi e emozionali che affettivi, cui consegue una globale disgregazione della personalità che si manifesta sia sul piano intellettivo che comportamentale con riduzione e perdita della capacità di apprendere e quindi di adattarsi ai cambiamenti dell’ambiente, con disturbi emozionali, con la compromissione della memoria soprattutto per gli avvenimenti recenti. In circa il 10% degli anziani sono rilevabili segni di deterioramenti significativi; sopra gli 80 anni la frequenza raggiunge il 25%.
Il quadro clinico in generale si caratterizza per i seguenti sintomi fondamentali:
- Disturbi dell’attenzione e della concentrazione.
- Compromissione della memoria, con ridotta capacità di apprendimento, di memorizzazione e rievocazione degli eventi recenti ed anche passati.
- Riduzione del patrimonio ideativo, povertà dei contenuti ideici, ripetività, compromissione del pensiero.
- Disturbi del pensiero, perdita della capacità di aderire alla realtà con sospettività, ideazione a sfondo persecutorio, ipocondria e gelosia.
- Perdita delle capacità critiche e di giudizio.
- Aumentata reattività, estrema selettiva degli stimoli. Incapacità a valutare, integrare ed analizzare le informazioni ricevute. Tendenza verso reazioni catastrofiche.
- Mancanza di iniziativa e di spontaneità, apatia, distacco, mutacismo, indifferenza, stereotipie e automatismo.
- Eccitamento, clamorosità, iperattività finalistica e inconcludente.
- Disturbi dell’affetività, superficialità emotiva. Riduzione degli interessi generali e della consapevolezza della propria malattia. Ottusità affettiva, euforia, labilità affettiva, aumentata irritabilità.
- Disturbi della coscienza, restringimento e offuscamento del campo di coscienza, onirismo, disorientamento tempero-spaziale.
- Disturbi delle simbolie (linguaggio, grafica, espressione).
- Sovvertimento degli istinti fondamentali, perdita di controllo degli sfinteri.
- Progressivo decadimento dello stato fisico.
- Alterazioni anatomopatologiche, caratterizzate da riduzione della massa cerebrale con approfondimento dei solchi e delle scissure, assottigliamento delle circonvoluzioni, dilatazione dei ventricoli, spopolamento neuronale e con lievi e diversi aspetti istopatologici nelle varie forme.
L’esordio si accompagna spesso con ansia, depressione, riferibili all’esperienza del paziente dinanzi alla crescente difficoltà di apprendere e di ricordare. Sono frequenti in questa fase: una facile preoccupabilità con lamentele per vaghi disturbi somatici (ipocondria); una tendenza all’isolamento ed alla depressione, per cui il paziente trova conforto solo nell’ambiente familiare; risposte emotive esagerate, indifferenza affettiva, periodi di facile irritabilità ed eccitabilità. Si fa strada, quindi, la sintomatologia tipica della compromissione della memoria, allo stato confusione mentale con grave decadimento delle condizioni psichiche fino allo sfacelo mentale.
Dal punto di vista etiopatogenetico, la sindrome demenziale può essere suddivisa in due gruppi principali: le demenze primarie, sostenute da un processo abiotrofico-degenerativo la cui genesi è tuttora oscura, comprendenti la malattia di Alzheimer, di Pick, di Creutzfeldt-Jakob, le demenze senili ed altre e le demenze secondarie in cui il processo degenerativo ed atrofico prende l’avvio da noxae diverse e da processi morbosi distinti con varie alterazioni anatomiche a carico del S. N. C. (stati tossinfenttivi, vasculopatie, neoplasie, traumatismi, etc.).
MALATTIA DI ALZHEIMER-PERUSINI
Insorge tra i 45 e i 65 anni, con una leggera preferenza per il sesso femminile, verosimilmente legata ad un fattore ereditario, autosomico dominante. Le alterazioni istologiche (placche senili, alterazioni neuro fibrillari, degenerazione granulo-vacuolare intraneuronale) di solito colpiscono diffusamente la corteccia cerebrale ma talvolta il processo è limitato ai lobi frontali o temporali e particolarmente nelle zone di passaggio temporoparieto-occipitale.
La caratteristica essenziale della malattia è il deterioramento delle funzioni intellettuali, comunque spesso il quadro clinico può presentarsi come una malattia psicogena con ansietà depressiva, paranoia e solo più tardi compaiono i sintomi tipici del disorientamento, i distirbi della memoria, la riduzione delle capacità di comprensione e di giudizio. Inoltre con l’aggravarsi del deterioramento intellettuale generalmente compaiono dei disturbi di tipo afasico, agnosico, aprassico che assumono una evoluzione rapida e drammatica (demenza analogica e simbolica). Spesso sono presenti segni neurologici come il riflesso di succhiamento ed il “grasping reflex”, talora possono comparire delle crisi convulsive generalizzate. La morte, preceduta da un completo dsfacelo mentale, avviene da 5 a 10 anni dopo l’esordio della malattia, di solito per inanizazione, disidratazione o infezioni respiratorie.
Tratto dal manuale medico di diagnostica e terapia di A.S. REVERSI – Gruppo Lepetit S.p.A. – Milano edizione 1977.
Cosa è cambiato da allora ad oggi?, compreso la genetica? Non è cambiato nulla o quasi nulla
Al momento non ci sono prove definitive per sostenere l’efficacia di una qualsiasi misura preventiva per la malattia di Alzheimer. Studi per identificarle hanno spesso prodotto risultati incoerenti. Tuttavia, studi epidemiologici hanno proposto correlazioni tra alcuni fattori modificabili (come la dieta, il rischio cardiovascolare, l’utilizzo di prodotti farmaceutici o lo svolgimento di attività intellettuali) e la probabilità per una popolazione di sviluppare la malattia. Solo ulteriori ricerche, tra cui gli studi clinici, riveleranno se questi fattori possono aiutare a prevenire o ritardare l’insorgenza della malattia di Alzheimer.
Quadro clinico e dieta
Sebbene i fattori di rischio cardiovascolari, come l’ipercolesterolemia, l’ipertensione, il diabete e il fumo, siano associati con un rischio maggiore di insorgenza della malattia, le statine che sono farmaci per l’abbassamento del colesterolo, non si sono dimostrate efficaci nel prevenire o migliorare il decorso. I componenti di una dieta mediterranea che comprendono frutta e verdura, pane, grano e altri cereali, olio d’oliva, pesce e vino rosso, possono singolarmente o tutti insieme ridurre il rischio e ritardare il decorso della malattia di Alzheimer. I loro benefici effetti cardiovascolari sono stati proposti come meccanismo di azione. Esistono prove limitate che un consumo, da lieve a moderato, di alcool, soprattutto vino rosso, sia associato a un minor rischio di Alzheimer.
Educare la vita
Esistono studi che mostrano correlazioni tra determinati stili di vita e l’incidenza del rischio di contrarre la patologia o con la sua progressione.
Le persone che si impegnano in attività intellettuali, come la lettura, i giochi da tavolo, i cruciverba, l’esecuzione di strumenti musicali, o che hanno una regolare interazione sociale, mostrano una riduzione del rischio di sviluppo della malattia di Alzheimer. Questo è compatibile con la teoria della riserva cognitiva, in cui si afferma che alcune esperienze di vita forniscono all’individuo una riserva cognitiva che ritarda l’insorgenza di manifestazioni di demenza. L’apprendimento di una seconda lingua, anche in tarda età, sembra ritardare la malattia di Alzheimer. La pratica di attività fisica è anch’essa un comportamento associato a un ridotto rischio di Alzheimer.
Alcuni studi hanno mostrato un aumentato rischio di sviluppare la malattia nel caso di assunzione d i metalli, e, in particolare, allumino, o in caso di esposizione a particolari solventi. La qualità di alcuni di questi studi è stata però criticata, e altri studi hanno concluso che non vi è alcuna relazione tra questi fattori ambientali e lo sviluppo di Alzheimer.
Mentre alcuni studi suggeriscono che l’esposizione a campi elettromagnetici a bassa frequenza può aumentare il rischio di sviluppare la malattia di Alzheimer, i revisori hanno rilevato che sono necessari ulteriori indagini epidemiologiche e di laboratorio per poter avvalorare tale ipotesi. I fumo è un importante fattore di rischio per l’Alzheimer.
Contabilità economica-sociale
La crescente incidenza di questa patologia nella popolazione generale in tutto il mondo è accompagnata da una crescita equivalente del suo enorme costo economico e sociale: allo Stato, secondo Lancet, il costo economico per la cura dei pazienti affetti da demenza a livello mondiale è di circa 600 miliardi di dollari all’anno, con un trend di crescita che lo porterà nel 2030 ad aumentare dell’85% (e con un carico crescente anche per i Paesi in via di sviluppo), facendolo divenire uno degli oneri con maggior impatto economico per i sistemi sanitari nazionali e le comunità sociali dell’intero pianeta.
Nonostante questo, la ricerca scientifica e clinica sulla demenza è ancora gravemente sottofinanziata: in Inghilterra, ad esempio, si calcola che il costo economico complessivo della cura dei pazienti affetti da demenza superi quello per i tumori e per le malattie cardiovascolari messe insieme, la ricerca sulle demenze riceve solo un dodicesimo dei finanziamenti di quella per i tumori.
Assistenza quotidiana al malato di Alzheimer
Non esiste un protocollo assistenziale uguale per tutti, esso è programmato per ogni singolo paziente a seguito dei propri disturbi.
Igiene personale, abbigliamento, alimentazione, rapporti personali, attività fisiche e ricreative, sicurezza, cambiamenti d’umore e di comportamento, rapporti coi bambini e coi ragazzi, comportamento aggressivo, comportamenti strani e imbarazzanti, incapacità di riconoscere persone e cose, depressione, frustrazione, allucinazioni e deliri, perdere le cose e accusare ingiustamente gli altri, reazioni violente, domande ripetitive, insonnia e il girovagare notturno. Oltre ai problemi legati ai disturbi fisici: Stipsi, abbigliamento, problemi dentali, problemi della vista e dell’udito, convulsioni, incontinenza, scatti muscolari, perdita di coordinazione e di manualità, piaghe da decubito, sollevare e muovere il paziente.
Per affrontare tutti i disturbi menzionati, senza tener conto dei disturbi della memoria, della comunicazione e del disorientamento, la persona affetta dal Morbo di Alzheimer ha bisogno di essere seguita in tutto. Assistere non è affatto facile specie quando sono coinvolti direttamente anche i sentimenti affettivi. Ogni familiare di un paziente con l’Alzheimer si trova alle prese con la sofferenza di vedere cambiare il proprio caro che progressivamente perde la sua identità. Questo processo ha molto in comune con la reazione che prova chi vive in lutto.
A questo onere emotivo si devono poi aggiungere le difficoltà materiali legati all’assistenza, visto che essa deve essere continua 24 ore su 24, e porta lentamente ad un notevole esaurimento fisico e mentale – del caregiver – che sia parente, assistente o infermiere.
Per questo motivo cito la sentenza della Cassazione: “Prestazioni totalmente a carico del S.S.N.” la n. 4558 del 22 marzo 2012, ha stabilito che i malati di Alzheimer – e i loro parenti – non devono versare alcuna retta alle Residenze sanitarie assistenziali o alle Casa di cura convenzionate (ovviamente non vale per quelle private). La Cassazione ha ribadito che nella patologia di Alzheimer non sono scindibili le attività socio-assistenziali da quelle sanitarie, per cui si tratta “di prestazioni totalmente a carico del Servizio Sanitario Nazionale”. La sentenza, però, nella maggior parte dei casi è disattesa, anche perché esistono leggi regionali o regolamenti comunali che prevedono la compartecipazione dei malati per la quota alberghiera. È vero che spesso le strutture si trovano a operare in un quadro normativo confuso, perfino contraddittorio; ma la Cassazione richiama “il diritto alla salute protetto dalla Costituzione come ambito inviolabile della dignità umana”. Quindi, non è possibile alcuna rivalsa nei confronti del paziente o, se questi è nel frattempo deceduto, dei parenti. Inoltre, la “promessa di pagamento” sottoscritta dai familiari al momento del ricovero del congiunto è da ritenersi “nulla” perché illegittima». Fin qui il diritto, quindi, attivarsi, e meglio con l’aiuto di un legale.
Mi pregio di aver donato tutto il ricavato di un mio libro all’Associazione “Alois Alzheimer” di Brindisi, sicuramente una piccola goccia di fronte al mare di necessità che tutt’ora si associano a questa patologia ardua ed ancora piena di incognite.