di PASQUALE TANDOI
“Combattenti di terra, di mare e dell’aria! Camicie nere della rivoluzione e delle legioni! Uomini e donne d’Italia, dell’Impero e del regno d’Albania! Ascoltate! Un’ora segnata dal destino batte nel cielo della nostra patria. (Acclamazioni vivissime). L’ora delle decisioni irrevocabili. La dichiarazione di guerra è già stata consegnata (acclamazioni, grida altissime di “Guerra! Guerra! “) agli ambasciatori di Gran Bretagna e di Francia…
La parola d’ordine è una sola, categorica e impegnativa per tutti. Essa già trasvola ed accende i cuori dalle Alpi all’Oceano Indiano: vincere! (Il popolo prorompe in altissime acclamazioni). E vinceremo!”
A queste parole di Mussolini la folla oceanica assiepata in piazza Venezia andò in delirio.
Era il 10 giugno del 1940. Sappiamo tutti come finì per l’Italia: 450.000 mila morti fra militari e civili, circa 320.000 militari feriti, congelati, mutilati ed invalidi sui vari fronti. I militari fatti prigionieri dalle forze anglo-americane durante il periodo 1940/1943 furono circa 621.000. E fra questi parecchi coratini. Poi, dopo l’8 settembre, a migliaia furono fatti prigionieri dai tedeschi e anche molti soldati coratini finirono in Germania, negli “stalag”, i campi di lavoro
Il documentatissimo volume di Vitoronzo Pastore DIETRO IL FILO SPINATO, Suma Editore, 2011, (per gentile concessione del sig. Cristoforo Scarnera), frutto di una lunga e capillare ricerca, riporta, tra le tantissime, anche le testimonianze epistolari di soldati coratini prigionieri di guerra (la sigla, per gli anglo-americani, era POW, Prisoners of War).
La posta dei prigionieri di guerra era censurata prima sul suolo nemico, poi le cartoline (solo queste erano concesse) erano prese in carico dalla Croce Rossa Internazionale attraverso alcuni punti di frontiera con la Svizzera e fatte pervenire all’ufficio censura prigionieri di guerra presso il Ministero delle Poste per una successiva censura italiana; dopo questo secondo controllo, la corrispondenza militare era immessa nel circuito civile per la distribuzione.
Durante il secondo conflitto mondiale il ruolo della censura ebbe funzione di controllo non solo delle notizie di carattere prettamente militare, ma anche di quelle che potevano diffondere panico e “disfattismo” fra i civili, i quali a loro volta potevano fiaccare la volontà combattente dei militari facendo conoscere loro le difficoltà economiche ed alimentari del “fronte interno”.
Nel primo periodo del conflitto, fino all’8 settembre 1943, si ebbe un’attenta attività censoria di cui i mittenti erano ben consapevoli. Si svolse pertanto una sorta di guerra psicologica volta a condizionare i sentimenti “ufficiali” della popolazione civile e militare; negli scritti, infatti, traspare la consapevolezza di essere spiati, quindi costretti a trattare argomenti generici. Solo raramente in lettere controllate e non censurate ci sono mugugni e commenti negativi della situazione; se rilevati, erano eliminati dai censori come messaggi “disfattisti”. Solitamente, però, nelle lettere dei militari e dei prigionieri, come vedremo anche in quelle dei coratini, vi era un generico auspicio che tutto avesse termine.
…………………………………………………………………………………………………………Ed infine, il 7/5/’45, da Casablanca la lettera più esultante:
“Papà e mamma carissimi, E’ Finita! Finalmente! Era gran tempo! L’emozione nel cuore è senza pari. Possa Iddio ascoltare pure la nostra preghiera comune che tutta in una parola: Ritorno. Che questo giorno sia affrettato in che possa terminare la vostra lunga attesa nella realizzazione del mio ritorno più ardente e più caro: Rimpatrio. Vi bacio Pino vostro”.