28 settembre 1943 – l’affondamento del Piroscafo “Ardena”
Il piroscafo passeggeri greco “Ardena”, poco dopo la partenza da Argostoli alla volta della Grecia con a bordo 840 prigionieri italiani della Divisione “Acqui”, reduci dalle fucilazioni di massa eseguite dall’esercito tedesco e catturati a Cefalonia, furono fatti salire a bordo e tenuti sotto controllo da 120 tedeschi armati di tutto punto, da indirizzare ai Campi di concentramento in Germania e territori occupati.
Il piroscafo Ardena di stazza piccolo e composto da ferro vecchio, venne caricato di uomini molto di più di quanto sarebbe stato ragionevole imbarcare, urtò una mina appartenente ad uno sbarramento difensivo Italo-tedesco nella baia di Argostoli, provocando l’affondamento e portando con sé 780 uomini, di cui 720 di essi erano i Ragazzi della Divisione “Acqui”.
Non fu l’unico naufrago dei Ragazzi della Acqui.
Il 13 ottobre 1943 il piroscafo tedesco “Maria Amalia”, ex Marguerita, salpò da Cefalonia per Patrasso con a bordo 905 Militari della Acqui, venne affondato nei pressi di Patrasso da un sommergibile inglese, altra fonte urtò una mina. Vi perirono 544 Italiani, 361 superstiti e 5 dei 25 tedeschi.
Il 6 gennaio 1944 il motoveliero “Alma” salpò dall’Isola di Corfù affondò in seguito a mine; si annotano dai 100 ai 300 italiani periti.
Il 10 ottobre 1944 nella rada di Corfù, venne silurata da aerei inglesi la motonave “Mario Rosselli”, carica di 5.000 militari italiani, di cui 1.302 perdono la vita.
Non furono le uniche navi affondate nel mare Egeo con Prigionieri Italiani imbarcati. Vorrei ricordare la “Gaetano Donizetti” con 1.796 decessi, altre fonti 1.835. La “Sinfra” con 2.098, la “Petrella” con 2.670, la “Oria” con 4.035, altre fonti 4.074, la “Palma” con 1.100, altre navi tedesche affondate a Scarpanto. Il totale dei naufraghi è di 14.500, altre fonti oltre 14.700.
Con il piroscafo “Ardena”, probabilmente vi era il fante Vincenzo ROSATO
“vorrei essere una rondinella e venire a trovarvi”
Così scriveva dalla Grecia nel mese di luglio 1943 alla propria famiglia il soldato Vincenzo Rosato. Nato a Martignano (Lecce) il 12 luglio 1923, non aveva ancora compiuto i vent’anni quando nel mese di gennaio del 1943 lasciò il suo paese per rispondere alla chiamata alle armi, consapevole che la sua destinazione, dopo un breve periodo di addestramento militare, sarebbe stata verso uno dei fronti di guerra in cui l’Italia era impegnata in quel momento.
Primo di sette figli, a casa lasciava i genitori Pantaleo e Maria, i fratelli Antonio, Orazio, Luigi e le sorelle Giuseppa, Pantalea e Concettina. Cresciuto in una famiglia di modeste origini contadine, aveva avuto l’opportunità, rara per quell’epoca, di ricevere una sufficiente istruzione scolastica, tale da permettergli almeno di scrivere una lettera.
Inviato al Deposito del 50° Reggimento Fanteria con sede a Macerata, vi giunse il 12 gennaio 1943 e rimase fino alla fine del mese; il suo reparto venne trasferito a San Severino Marche per completare l’addestramento militare.
La partenza per il fronte avvenne il 9 marzo 1943, giorno in cui ebbe inizio il trasferimento per la Grecia con una tradotta militare, unitamente ad altri giovani commilitoni per un totale di due battaglioni. Da Ancona, il treno risalì la penisola italiana fino a Trieste e da lì, dopo avere varcato il confine italo-jugoslavo, scese lungo la penisola balcanica passando per le città di Lubiana, Zagabria, Belgrado, Salonicco e Larissa per giungere, dopo circa dieci giorni ad Atene, dove aveva sede il Comando dell’11ª Armata.
Venne trasferito al 317° Reggimento Fanteria Divisione “Acqui”, dislocata in quel momento a difesa delle isole Jonie.
Sbarcato a Cefalonia il 19 marzo 1943, venne assegnato alla 4ª Compagnia Mitraglieri del 1° Battaglione, il cui compito fu quello di presidiare il porto di Sami, nella baia di Aghia Eyphimia (Santa Eufemia), posto di fronte all’isola di Itaca. Verso la fine di giugno, la sua compagnia venne trasferita, con compiti di presidio, sull’isola di Itaca dove rimase fino alla sera dell’8 settembre 1943, sera in cui arrivò la notizia dell’armistizio e contestualmente l’ordine di fare immediato rientro a Cefalonia.
Fatto prigioniero il 28 settembre 1943, venne imbarcato sulla nave Ardena, destinata al trasporto da Cefalonia alla terraferma di circa 840 prigionieri italiani della Divisione Acqui, diretti ai Campi di concentramento nazisti. Carica oltre ogni limite di sicurezza, la nave Ardena affondò dopo avere urtato una mina. Si salvarono tutti i 60 Tedeschi imbarcati con compiti di scorta e soltanto 120 degli 840 prigionieri italiani. La nave Ardena giace da allora con il suo triste carico di giovani soldati italiani a 28 metri di profondità al largo di Argostoli.
Dopo alcuni mesi, a Martignano, giunse la triste notizia alla famiglia: il soldato Vincenzo Rosato è stato dichiarato disperso a seguito dell’affondamento di una nave. Un testimone riferirà di averlo visto salire sulla nave che poi affonderà.
Appresa la notizia, la madre, per il resto della vita, decise di non volgere più lo sguardo al mare. Oltre al ricordo di chi lo aveva conosciuto personalmente, la sua memoria rivive ancora nelle lettere spedite alla propria famiglia.
Testimonianza di Panteleo Rosato, nipote di Vincenzo Rosato, resa all’Autore nell’aprile 2013. Foto e corrispondenza dell’archivio privato del maresciallo dei Carabinieri Pantaleo Rosato
LA DIVISIONE “ACQUI” DISSE NO AL NAZISMO – Vitoronzo Pastore